Unreal è il secondo singolo tratto da “Wherein We Are Water” degli Epsilon Indi, un brano evanescente accompagnato da un video surreale. È il sogno di un cantante appassionato e convinto, costretto a suonare con una band distratta e svogliata in un localuccio di periferia. Eppure con le note semplici di una melodia lieve, riesce a far ballare la poca gente che siede ai tavolini, facendo sbocciare incontri nuovi e fugaci passioni. Il video è stato ideato e realizzato interamente dalla band che ha scelto come location un teatro a testimoniare come l’attività degli Epsilon Indi sia legata a doppio filo sia con il cinema che con le rappresentazioni di teatro-danza. Mentre scorre la leggera melodia, contrastata dagli archi e dalla ritmica, appaiono fugaci citazioni al cinema di Bunuel, l’uso di alcuni tagli di luce ricorda le atmosfere inquietanti di David Lynch, i personaggi stessi appaiono come le creature di Tod Browning trasposte ai giorni nostri: il gioco tra realtà e finzione squarcia le immagini e ne distorce il significato fino alla conclusione a sorpresa, con l’apparire dell’acqua in una delle sue tante forme.
Dopo 13 anni di (apparente) silenzio, torna una delle band di culto del panorama alternativo italiano con un nuovo lavoro discografico: “Wherein We Are Water”,
attraverso il quale gli Epsilon Indi ci presentano il risultato dell’esplorazione di nuovi percorsi creativi, che come sempre la band riesce a condurre mantenendo un coerente legame con i precedenti “viaggi artistici”. Sarà dunque più che mai interessante scoprire dove li ha condotti questa volta la loro curiosità creativa…
L’elemento attorno al quale è costituito “Wherein We Are Water” è l’acqua: l’acqua non ha forma, ma assume la forma di ciò che la contiene; questo aspetto le conferisce libertà di azione o meglio libertà di essere: non ne cambia la natura, in quanto la sua essenza rimane intatta pur cambiando fisionomia. L’acqua, poi, fluisce in superficie come in profondità, non si arresta mai. Questo le conferisce potenza, nel suo duplice aspetto: può essere l’onda che travolge come la goccia che corrode la roccia, cosicché la sua energia può essere espressa sia nell’agire che nel perseverare. Nelle “pieghe” dell’album troviamo questa stessa adattabilità. Musicalmente ci troviamo infatti davanti ad un lavoro fluido, pieno di chiaroscuri e di colpi di scena.
Le canzoni hanno la loro libertà di azione mutando stile lungo tutto il disco. Oltretutto – novità significativa per il gruppo – i testi sono in inglese, strumento al servizio delle linee melodiche e ritmiche. E sono proprio questi gli elementi sui quali anche dal vivo viene posta la maggiore attenzione, più che in passato quando il loro live era caratterizzato dalla forma “concerto-spettacolo”.
In questo lavoro i colori musicali di riferimento per le nuove composizioni di Epsilon Indi potrebbero essere collocati tra Brian Eno e The Cure passando per Rachel Unthank e Divine Comedy, ma qualcuno potrebbe ritrovarvi gli stravaganti e ricchissimi arrangiamenti di Sufjan Stevens. Questo lavoro risulta così pieno di sfaccettature e riflessi che collocarlo in un genere sarebbe forse forviante: la musica ed il linguaggio per immagini degli Epsilon Indi sono semplicemente la musica ed i segni del nostro tempo, amati, digeriti, assimilati e rielaborati a tal punto da diventare altro.
Ma ogni definizione (e sui mensili specializzati come pure sul web ne potete trovare tante, e delle più entusiastiche…) è assolutamente superflua: l’ideale è conoscere il particolarissimo universo musicale degli EPSILON INDI attraverso la dimensione del live, che è quella in cui le sfumature del progetto emergono al meglio! E giovedì 13 dicembre Roma avrà questa occasione, grazie al concerto che la band terrà all’INIT! Non perdetevelo!!
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